La crisi della Repubblica: dai Gracchi al primo Triunvirato

La Repubblica che in breve tempo si era trasformata da piccolo stato a grande potenza, non era riuscita a far fronte alla crescente disuguaglianza sociale che le stesse conquiste avevano causato, tutto questo provocò una serie di scontri civili che gettarono le premesse di una profonda trasformazione istituzionale.
Nel 133 a. C. il tribuno della plebe Tiberio Sempronio Gracco venne assassinato insieme a molti dei suoi sostenitori, in seguito ad una violenta reazione senatoria, questo grave episodio diede inizio alla crisi della società romana.
I provinciali e gli Italici aspiravano a conseguire il potere politico e gli stessi cittadini romani, in maniera particolare i piccoli proprietari terrieri, indebitatisi a causa di una politica economica dannosa per i loro interessi, premevano per ottenere l'estensione dei privilegi che fino a quel momento erano stati concessi solo ad una ristretta minoranza.
Due furono le personalità emergenti in questo momento particolarmente difficile: Mario, uomo forte ed estraneo agli interessi della classe senatoria, eletto console dal partito popolare, e Silla, rappresentante degli ottimati, ossia dei conservatori.
Fu proprio quest'ultimo l'artefice di una riforma dello stato in chiave autoritaria, si trattò di una manovra imposta con la forza, che non si curava dei gravi problemi sociali del momento e proprio per questo destinata a non durare a lungo.
Gli anni che seguirono furono di grande fervore: ci furono importanti cambiamenti socio-politici e si verificò un notevole sviluppo dell'economia, delle arti e della vita intellettuale.
La costituzione sillana aveva rappresentato in realtà l'ultimo tentativo di organizzare lo stato in funzione del predominio dell'oligarchia senatoria, ma questo disegno politico non poteva reggere se allo stato veniva a mancare l'appoggio delle altre forze sociali: i piccoli imprenditori, i provinciali, i soldati e i proletari, tutti esclusi dalla gestione del potere.
Si imponeva quindi un diverso equilibrio, che avrebbe potuto instaurarsi solo in seguito alla creazione di una nuova forza politica che controllasse il Senato e garantisse ai gruppi emergenti la partecipazione ai benefici della vita sociale.
Tutto questo si venne realizzando, lentamente ma in modo inesorabile, nonostante la resistenza della classe senatoria, grazie anche all'azione di personaggi che lo stesso Senato aveva nominato a tutela dei propri interessi e che invece finirono per passare alla parte avversa.
La figura di Pompeo rappresenta in modo emblematico questo periodo difficile, il suo operato infatti oltre a porre fine alla costituzione sillana, permise alle diverse fazioni di scendere nuovamente in campo, non solo, a seguito di importanti incarichi in politica estera ottenuti dai tribuni della plebe ripristinati nel proprio ruolo, Pompeo trovò anche il modo di contribuire in maniera decisiva all'estensione della supremazia di Roma, mediante l'annessione di nuovi territori.
L'anno 63 a. C. vide console Cicerone quale protagonista dell'ormai agonizzante egemonia senatoria, il tentativo di colpo di stato da parte di Catilina fu sventato dal grande oratore con una determinazione passata alla storia, ma ciò non impedì che gli uomini che detenevano realmente il potere, vuoi per l'appoggio del partito popolare, vuoi per gli eserciti di cui disponevano, si coalizzassero contro il senato.
Nacque quindi il primo triunvirato, formato da Pompeo, Crasso e Giulio Cesare, il quale grazie all'assenso formale del Senato portò ad una spartizione del potere con il beneplacito del popolo, dell'esercito e dei cavalieri.
L'esito immediato di questa mossa politica fu l'assegnazione del proto consolato delle Gallie a Giulio Cesare.

               

                           

 

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